La proprietaria che lascia il proprio cane libero di circolare senza museruola o guinzaglio, è responsabile dei danni causati dall’animale, coinvolto nella zuffa canina.
E’ quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, nell'ordinanza 11 dicembre 2018 - 29 agosto 2019, n. 21772 (testo in calce).
La pronuncia in commento trae origine dalla seguente vicenda processuale in cui gli attori avevano agito in giudizio al fine di ottenere - ai sensi dell'art. 2052 e/o art. 2043 c.c. - il risarcimento dei danni subiti per la a morte del parente defunto, provocata a causa di una zuffa canina.
Nello specifico, quest’ultimo, durante una passeggiata assieme alla moglie ed al suo cane di razza Siberian Husky, tenuto al guinzaglio, si era imbattuto in una signora in bicicletta accompagnata a sua volta dal proprio cane, un meticcio di piccola taglia senza guinzaglio né museruola. In tale circostanza, il cane si era avventato contro l'husky, ed il proprietario di quest’ultimo, nel tentativo di mettere fine a tale scontro, era caduto battendo violentemente la testa, e rimasto incosciente, veniva a mancare due giorni dopo, presso l'ospedale in cui era stato ricoverato.
Pertanto, gli eredi e coeredi dell’uomo avevano convenuto in giudizio la padrona dell’animale, ma sia il Giudice di primo grado che la Corte territoriale veneziana, avevano rigettato la domanda, sostenendo, in particolare, che non fosse stata raggiunta la prova circa l'esistenza del nesso di causalità tra il comportamento del meticcio e l'evento dannoso. Avverso tale sentenza, i soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione.

Il Supremo Collegio ha ritenuto fondato il motivo del ricorso relativo all’inesattezza del ragionamento con cui la Corte lagunare aveva negato l'efficacia causale del comportamento del cane meticcio di proprietà della convenuta in ordine alla verificazione dell'evento, ovvero la morte del padrone dell’husky, così collegando erroneamente, il caso in esame agli artt. 40 e 41 cp.
Orbene, l'art. 2052 c.c. prevede che il comportamento che assume rilevanza causale è certamente quello dell'animale, atteso che la norma riferisce il "cagionare il danno" all'animale, sottendendo che esso debba causalmente ricollegarsi al comportamento dello stesso. Dunque, se tale collegamento causale sussiste, il danno cagionato dal cane viene imputato al proprietario o a chi se ne serve, spettando a quest’ultimo, per sottrarsi all'imputazione della responsabilità, la prova del caso fortuito.
Inoltre, la Cassazione ha evidenziato come il comportamento rilevante dell'animale è rappresentato innanzitutto, nella fase iniziale dell'accaduto, quando lo stesso, essendo senza guinzaglio, ha potuto dirigersi verso l'altro, tenuto invece al guinzaglio, effettuando una "presa" su di esso. Solo dopo aver mollato la presa sull'husky, il meticcio ha addentato la caviglia della moglie del de cuius.
Una volta considerato che l'evento dannoso della morte del de cuius si è verificato quando il meticcio teneva quel secondo comportamento, il giudizio si sarebbe dovuto compiere, valutando se la rilevanza causale dell'uno e dell'altro comportamento del meticcio si fosse spezzata sulla base delle previsioni di cui all'art. 41 c.p., commi 1 e 2, e, quindi, dell'intervento, secondo la norma del comma 2, di una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento morte.
Dunque, la Corte di merito ha errato nel collocare sia il comportamento della vittima sia quello del suo cane nell'àmbito dell'art. 41 c.p., comma 2, e, considerandoli come erroneamente cause sopravvenute da sole sufficienti, per il tramite dello scivolamento e della caduta, della verificazione dell'evento di danno, escludendo l'efficienza causale, nonché rendendo giuridicamente irrilevante ai fini del nesso di causa tanto il precedente comportamento del meticcio, quanto quello consistito nell'azzannare la caviglia della moglie del de cuius.
A tal riguardo, la circostanza che era ancora in atto, esclude che lo strattonamento si possa configurare come causa sopravvenuta, essendo invece, una causa simultanea rispetto al comportamento del meticcio. Secondo la Cassazione, la decisione della Corte veneziana, che citando l'art. 41 c.p., comma 2, ha escluso il rilievo causale del comportamento del meticcio, concretatosi nella c.d. zuffa, sia in quello tenuto una volta cessata la "presa" sull'husky, è affetta da vizio di falsa applicazione, in quanto sia il comportamento del de cuius che quello dell'husky non sono apprezzabili come cause sopravvenute rispetto al comportamento tenuto dal meticcio dopo la cessazione della "presa", essendo il primo, causa simultanea rispetto ad essa ed antecedente rispetto all'attacco alla donna, ed il secondo simultaneo rispetto a quest'ultimo e successivo solo rispetto alla cessazione della presa.
Tutto ciò avrebbe dovuto portare i giudici di merito ad escludere tali cause come sopravvenute agli effetti dell'art. 41 c.p., comma 2.
La Suprema Corte ha ritenuto che tanto la condotta del de cuius, in quanto soggetto danneggiato, quanto quella dell'husky, sono state finalizzate a neutralizzare le conseguenze del fatto illecito originante dal comportamento del meticcio, di modo che sia il comportamento della vittima sia quello del suo cane sono stati determinati dai comportamenti del meticcio, trovano in esso giustificazione causale: da qui deriva l'impossibilità palese di escludere il nesso di causalità. Pertanto, anche la caduta della vittima per lo scivolamento conseguente allo strattonamento del suo cane erroneamente non è stata considerata "dipendente" dal secondo comportamento del meticcio, in quanto determinativo dello strattonamento.
Per tali ragioni, la Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza sul punto in cui ha affermato l'interruzione del nesso causale falsamente applicando i principi emergenti dalle norme degli artt. 40 e 41 c.p.
Escludendo detta interruzione il giudice di rinvio, sulla scorta delle risultanze istruttorie potrà valutare, ai sensi dell'art. 1227 c.c., comma 1, la eventuale rilevanza causale concorrente del comportamento della vittima nell'esercitare il potere di controllo sul suo cane ed il modo di essere dello stesso comportamento di quest'ultimo.